Pratica Psicoterapeutica

Il Mestiere dell'Analista
Rivista semestrale di clinica psicoanalitica e psicoterapia

NUMERO 2
1 - 2010 mese di Giugno
CLINICA
PONTI O BARRIERE? I PROCESSI DI IDENTITÀ E IDENTIFICAZIONE NEI GRUPPI
di Jaime Ondarza Linares

Presentato come Workshop alla III Conferenza Regionale del Mediterraneo (I.A.G.P.) - Barcelona Feb. 2008

INTRODUZIONE

Sono due i motivi per cui focalizziamo in questo work-shop il soggetto identità e identificazione nel processo gruppoanalitico.
1. Richiamati dal significativo e in certo qual modo affascinante titolo di questo Congresso “il Mediterraneo un puente”, specularmente abbiamo aggiunto il suo dinamico opposto “Barriera” per evidenziare il conflitto bipolare in esso contenuto. Ponte o barriera?
In questo inizio di secolo che sembra raccogliere la verità e contraddizioni del pensiero moderno positivista, in cui il pensiero postmoderno, attraverso le sue diverse e talvolta contraddittorie correnti ha sconvolto, talvolta senza offrire alternative, i nostri paradigmi e punti di riferimento perfino in teoria, metodologia e clinica psicoterapica.
In questo inizio secolo in cui, per citare solo fenomeni risultanti: l'immigrazione, trasmigrazione gli eventi bellici diversi, creano massicci conflitti sul come attraversare in ambedue i sensi tale ponte. I processi di l'identificazione e identità sono il “lascia passare” o “santo y segna” per attraversare questo spazio intermedio; ma al tempo stesso questo spazio di transito è sovente occupato da barriere e blocchi provenienti da uno o altro estremo. Sono configurazioni della conflittualità tra Sé individuale e Sé sociale, richiamando ancora i processi di identificazione e identità in essa contenute.
2. Cosa può offrire di specifico la gruppoanalisi come modello clinico o come ottica che focalizza le conflittualità della relazione, identità e matrice di comunicazione con delle finalità terapeutiche o trasformative?
Il gruppo e la gruppalità sono lo spazio e luogo di incontro della conflittualità tra Sé Individuale e Sé Sociale. La gruppoanalisi, come è noto, considera il gruppo come il campo o specifico setting o dispositivo, per contenere, scoprire, sperimentare, fare consci e trasformare questa conflittualità frequentemente inconscia o preconscia.
Non è la pretesa di questo workshop dire nulla di nuovo quanto segnalare schematicamente per la sua discussione punti nodali sull'argomento, alcuni dei quali trascurati o non completamente chiariti dal punto di vista della metapsicologia gruppoanalitica e nella pratica clinica.


LA GRUPPALITA' E I PROCESSI DI IDENTIFICAZIONE E IDENTITA'

A. La psicoanalisi e il pensiero di Freud

1. Freud (1929, Psicologia delle masse e analisi dell'Io)
Bisogna sottolinearlo: il primo a vincolare psicodinamicamente i “processi di identificazione” col gruppo fu Freud: critica i sociologi dell'epoca, che trattando nozioni come “l'ame des foules” (Lebon) o “the group mind” (Mc Dougall), non sono andati “al di là“ della ricca fenomenologia fondamentalmente regressiva delle masse. Freud stabilisce che nella massa si realizzano investimenti affettivi e legami libidici di un nuovo tipo tra i membri. Le pulsioni libidiche sono inibite nella loro meta e perciò trasformate in identificazioni. Due tipi di legami identificatori mantengono unite le masse: il primo è quello che si verifica tra i membri in relazione tra loro, prodotto della regressione al primissimo tipo di rapporto orale: quando carica oggettuale e identificazione sono indistinguibili. Il secondo è quello della scelta del leader come oggetto comune, risultante della proiezione dell'Io ideale degli individui della massa. Malgrado questa lucida focalizzazione dei legami tra i processi di identificazione e il gruppo. Freud condivide con alcuni sociologi del suo tempo la concezione pessimistica del gruppo (“la massa”): essendo la libido fondamentalmente egoistica e antisociale, la umana natura è per tendenza incapace a stabilire buoni rapporti interpersonali, poiché orientate verso l'ego e la ricerca del piacere, piuttosto che verso l'altro, e solo può essere socializzata sotto una forte pressione e coercizione.
Freud non tiene conto dei sociologi che come Durkheim per esempio considerano la massa in senso totale (come un tutto) parlando organismicamente di una identità collettiva (e anche di una sua controparte inconscia) con predominio del sociale sull'individuo, Freud per il contrario considera primario l'individuo delle cui proiezioni e identificazioni nasce il gruppo. Così fin dall'origine il pensiero psicoanalitico sottolinea la dicotomia tra individuo e gruppo (tra psicoanalisi e sociologia), dicotomia che in qualche modo continua a ispirare molti psicoanalisti che si occupano del gruppo.
Tale dicotomia attraversa fondamentalmente il pensiero freudiano come un problema epistemologico nel fondo non risolto che si palesa in diverse formulazioni e ripensamenti (nota Napolitani, 1987).
A titolo di esempio” La più antica psicologia è quella del gruppo”, “Ogni singolo è un elemento costitutivo di molte masse, e tramite l'identificazione è soggetto a legami multilaterali e ha edificato il proprio ideale dell'Io in base ai modelli più diversi”. “Ogni singolo è quindi partecipe di molte anime collettive… (Freud, 1921).
Freud nega in essenza un Istinto sociale primario. Infatti critica Trotter W. che postula, la gregariousness, come uno dei quattro istinti fondamentali (accanto la nutrizione, la sessualità, l'autoaffermazione). Fra gli argomenti di tale critica può apparire ingenua una sua affermazione (in contrapposizione all'abituale modo freudiano incisivo ed efficace che usa abitualmente nei suoi scritti). “Naturalmente non è facile seguire l'ontogenesi dell'istinto gregario, […] in oltre il bambino è per molto tempo privo di istinto gregario e di sentimento collettivo. Questo istinto è questo sentimento si formano solo poca a poco, nella nursery, come effetto dei rapporti tra genitori e figli e come reazione al sentimento di gelosia con cui il figlio più grande accoglie in un primo tempo, l'intrusione del più piccolo […] tra tutti i bambini finisce per verificarsi un identificazione, e si forma un senso di comunità che viene ulteriormente sviluppato a scuola” .

1. Come conseguenza non viene mai esplicitata la possibilità di un inconscio sociale. Le due topiche (conscio/inconscio; ego-es-super ego) sono localizzate all'interno della monade individuale.
2.  Coerentemente la “mente freudiana” è essenzialmente monadica e individuale, ed è partendo da questo sistema monadico, meccanicistico, riduttivo e positivista, dove nasce e si elabora con diverse vicissitudini la chiamata psicoanalisi della relazione contemporanea. La concezione gruppoanalitica della mente come la concepisce Foulkes, invece, appare rivoluzionaria e in dialettica contrapposizione all'interno del pensiero psicoanalitico come vedremo dopo.


B. IL PENSIERO POST FREUDIANO E LA “PSICOANALISI DELLA RELAZIONE”

In psicoanalisi l'uscita dalla monade verso la relazione fu graduale e piena di vicissitudini teoriche:
- Dalla monade primitiva alla relazione oggettuale primariamente concepita nella “cosmologia kleiniana” all'interno del soggetto intrapsichico (oggetto interno). L'identificazione proiettiva era semmai una specie di sonda spaziale alla quale solo anni più tardi [1991] Ogden gli concesse la controparte di “ponte relazionale”).
- Gli sviluppi della scuola inglese delle relazioni oggettuali: (Guntrip, Fairbain e soprattutto Winnicott superando il solo oggetto e sollevando la necessità dell'altro di uno “spazio intermedio” della relazione.
- Si arriva così alla configurazione relazionale della “base sicura” di Bowlby (Bowlby e la Teoria dell'Attaccamento), dalla quale esplorare nuovi spazi della relazione” (per precisare bibliografia vedi Ondarza Linares, 2004).
- Un'altra prospettiva della relazione la scopriva Kohut nei sistemi “satellitari” degli “Oggetti Sé”. Nasceva così la cosiddetta Self Psychology dando origine a tre principali sviluppi:
  1. Kohut e i suoi epigoni con la matrice - Oggetti Sé
  2. Stolorow Atwood e Branchaft, (1999) attraversando il sistema satellitare kohutiano, propongono la “psicoanalisi della intersoggettività”.
  3. In un terzo gruppo potrebbero essere annoverati tanti validi contributi che, da un esame più accurato possono essere sottodistinti in diversi filoni: Stern D. (1985) le sottilissime interazioni e regolazioni reciproche nel “mondo interpersonale del bambino”. Lichtemberg J. (1989) sul Sé i sistemi motivazionali verso una teoria della tecnica psicoanalitica, Shane M. e coll. (1977) cercando un integrazione della psicologia del Sé, della teoria dell'attaccamento e della prospettiva evolutiva sistemica.
Dobbiamo almeno menzionare altre prospettive ed autori che hanno segnalato importanti nodi della oggi chiamata “psiconalisi della relazione”; alcuni in modo pionieristico come l'argentino Pichon Riviere E. (1979) ed altri in Europa: Brusset B (1968) proponendo la psicoanalisi del “legame”. Negli USA il gruppo della cosiddetta analisi dei modelli culturali (Sullivan, Fromm, Horney). (Per un approfondimento degli argomenti vedi Mitchell S. A. che probabilmente senza connessione con Foulkes parla del concetto di “Matrice Relazionale”).
In ogni modo queste vicissitudini dal originario pensiero di Freud a gli sviluppi posteriori della “psicoanalisi della relazione” possono euristicamente aprire uno spazio per meglio approfondire i concetti di identità ed identificazione nello stesso pensiero psicoanalitico. (Vedi Grinberg, 1976).


C. DALLA MENTE MONADICA ALLA MENTE “SOCIALE”
IDENTIFICAZIONE, IDENTITA' E PROCESSO GRUPPOANALITICO

Sinteticamente si potrebbe dire che la gruppoanalisi di cui S. H. Foulkes è il fondatore, essenzialmente è il passaggio dalla mente monadica individuale alla mente sociale del gruppo. Tale passaggio è una bisettrice epistemologica che attraversa la teoria, metodologia e tecnica-clinica della gruppoanalisi.
I capisaldi di questo passaggio menzionati schematicamente sono i seguenti:
  1. La pulsione sociale o “relatedness” come base
  2. La teoria della Rete (da cui nasce il concetto della Mente come Rete)
  3. Il costrutto di Matrice (nella dialettica tra Matrice fondamentale e Matrice dinamica)
  4. I processi di Comunicazione al centro del processo gruppoanalitico (costituisce un cambio epistemologico in sostituzione del modello pulsionale, monadico e meccanicistico della originaria teoria delle pulsioni di Freud)
  5. Gli aspetti metodologici e tecnici del modello gruppoanalitico sono una stretta e coerente derivazione: l'interpretazione è il “processo di traduzione”, il percorso gruppoanalitico è l'esperienza del “training del Sé nella azione”, il ruolo del terapeuta è “matrix centred” (promuovendo nel gruppo stesso un comune contesto di comunicazione, identità e significato).


1. LIVELLI DI COMUNICAZIONE E IDENTITÀ

S. H. Foulkes, segnalò che il processo di comunicazione all'interno del gruppo analitico si sviluppa in cinque livelli (vedi schema)

Da 20 anni segnalo l'importanza teorica, metodologica e clinica di questo schemao, trascurato anche dagli stessi gruppoanalisti (Ondarza Linares J., 1999). Quando Foulkes focalizza la “Comunicazione” al centro del processo gruppoanalitico compie un importante cambiamento epistemologico nella prospettiva e significato dello stesso processo terapeutico gruppoanalitico. Tale processo non è più e non solo considerato come insight, presa di coscienza o esperienza sublimatoria di forze o pulsioni mosse da una causalità meccanicistica, ma un processo terapeutico indirizzato alla ricerca di una nuova matrice di identità e significato.
Tornando allo schema, questo può apparire semplicistico e per molti aspetti riduttivo. Bisogna sottolineare che è una ipotesi utile è solo una cornice di riferimento. Personalmente l'ho considerato appropriato, sia come strumento clinico e metodologico adatto ad orientare la prassi di lavoro col gruppo, sia come prospettiva metodologica e teorica il cui valore e significato non è stato ancora sufficientemente "approfondito” e che acquista più valore se correlata ai costrutti basilari di rete e matrice.
- Può essere utile insistere che nello schema di FouIkes. considerato "orizzontalmente", in ciascun livello abbiamo tre punti di riferimento: il primo serve a segnalare la situazione configuratasi hic et nunc nel gruppo grazie alla “mentalità” o “cultura” (nel senso di Bion) o del "campo psichico”, prevalente nel gruppo medesimo. Una “configurazione” nata dall'incontro tra le valenze e radicali identificatorie individuali (con modalità protomentali, oggettuali, o transferali) e le formazioni di collegamento emergenti: i vincoli – nel senso di Pichon Rivière [1970].
Il secondo punto di riferimento indicato nello schema con la dicitura: "si manifesta nel gruppo come” sta a sottolineare che la situazione configurata in 1 è il punto di partenza per la messa in scena più o meno arricchita di una drammatizzazione, che si propone gestalticamente tra sfondo corale del gruppo e il suo primo piano, tra "attori" o "protagonisti emergenti”… Questa drammatizzazione, o interazione non è ancora comunicazione benché si tratta di un “acting” di una azione spinta economicamente e dinamicamente dal bisogno di comunicazione in uno spazio comune ("spazio speculare spettacolare" lo chiama Kaes [1985]).
Il terzo punto di riferimento è quello relativo alla rappresentazione che ha di sé il gruppo medesimo, al come cioè tutti i membri si vedono "hic et nunc" come gruppo e grazie alla quale il gruppo come totalità – come "oggetto-soggetto” – mobilita i processi gruppali, in particolare la risonanza e i processi speculari.

In questa occasione vorrei focalizzare principalmente i processi di identità e identificazione che attraversano questi livelli. Ricordiamo che Erikson H. (1965) è uno degli psicoanalisti che si occupa specificatamente dei problemi dell'identità del bambino nel contesto evolutivo psico-sociale essendo proverbiale il suo costrutto della “bipolarità” dell'identità: essere se stesso (sameness) ed essere significativo per gli altri.
Foulkes abbina i livelli di Comunicazione al processo gerarchico ed epigenetico con cui Erikson ricorda le tappe evolutive dell'identità del bambino: passaggio dal autocosmo al microcosmo, al macrocosmo (dal Sé individuale al Sé sociale diremmo oggi). R. Kaes (200 )parafrasando le fasi evolutive gerarchiche che accadono nel gruppo e le relazioni oggettuali, ricorda il bambino “perverso polimorfo” freudiano, se invece colleghiamo queste vicissitudini ai livelli di Comunicazione e quelli evolutivi dell'identità, preferiamoo chiamarlo “ bambino eriksoniano”.


2. PROSPETTIVE DELLO SCHEMA FOULKESIANO

Il punto di partenza nodale è quello di considerare la comunicazione e i processi di identità ed identificazione al centro del processo gruppoanalitico: “unconscious communication on a hierarchy of levels” (Foulkes). Tali processi possono essere considerati come una spirale in movimento che penetra attraverso il gruppo in differenti prospettive.
I livelli si organizzano secondo principi topici, dinamici ed economici che segnalano strati o compartimenti nei quali i membri del gruppo interagiscono, a secondo della “cultura” spontanea o coatta che prevale nel gruppo, Tale interazione viene rappresentata o drammatizzata in una certa configurazione, che a sua volta viene sostenuta da una rappresentazione comune che i membri hanno del gruppo, per lo più inconscia: ad esempio i membri di un dato gruppo si comportano come fratelli e sorelle, poiché sentono o “vivono” il gruppo come famiglia. Se invece, nel gruppo viene riattivato il livello “proiettivo”, la comunicazione gruppale è polarizzata negli oggetti interni che vengono proiettati ed esternalizzati nella interazione gruppale; la rappresentazione o vissuto comune che il gruppo ha di sé è quella di contenitore, oggetto interno parziale o totale. Tale rappresentazione o fantasia comune in qualche modo “organizza” e “sostiene” l'interazione gruppale.
Da diversi vertici teoretici: psicoanalitici (Bion, 1972; Ezriel, 1974), dinamisti di gruppo (Lewin e seguaci), teoria dei sistemi applicata ai gruppi (Agazarain, 1981) sappiamo che la “configurazione” ad un determinati livello, agisce in qualche modo come “resistenza”a vivere la situazione gruppale ad un altro livello: tanto più il gruppo è impegnato e coinvolto a vivere un dato livello tanto più sarà refrattario a viverne un altro: sia “profondo” che più “superficiale”.
- In sintesi, guardando da una prospettiva “orizzontale” ciascun livello "configura" una modalità di rapporto dell'individuo con il gruppo che si manifesta nell'interazione e la fenomenologia gruppale "contenuta e sostenuta” da ¬una rappresentazione gruppale comune.
“Verticalmente” (ricordando nello schema la prima topica freudiana: Conscio-Inconscio-Preconscio) la spirale della comunicazione attraversa il gruppo dai profondi simboli arcaici della gruppalità, ai sistemi protomentali, alle valenze somatiche e quelle della cosmologia oggettuale, al mondo delle ripetizioni transferali fino alle rappresentazioni gruppali più o meno reali e “obiettive”.
- Il gruppo come un tutto è non solo un contenitore fisico: il corpo del gruppo, ma promuove (come micro e macrosfera eriksoniani) le interrelazioni del gruppo, drammatizzazioni e performances verbali (prospettiva narrativa) e non verbali (prospettiva interattiva transpersonale).
Da una prospettiva longitudinale va ricordato che esiste una interazione continua fra l'intrapsichico (individuale) e il contesto del gruppo. (Bipolarità della relazione) e da questi col processo di comunicazione (dal polo intrapsichico al polo transpersonale attraverso quello interpersonale).
La riattualizzazione (“renactement”) della rete dell'individuo nella situazione di gruppo ripropone
il processo trnaspersonale nella prospettiva della “relazione” nel gruppo (appartenenza-identità-significato e comunicazione).


3. ALCUNI SVILUPPI POST-FOULKESIANI

- Dalal (“Taking the group seriuolsly”, 1998) ed alcuni “nipoti “ di Foulkes della Group Analytic Society mentre sottolineano il valore rivoluzionario del fondatore della Gruppoanalisi criticano al Foulkes conservatore. Forse la critica è in parte giustificata per il contesto socio-culturale (in particolare quello della cultura psicoanalitica dell'Inghilterra degli anni 40, in cui si mosse Foulkes emigrante per forza che cambiò di cognome e doveva conservare il suo passaporto culturale di freudiano ortodosso).
Tuttavia come abbiamo molte volte ribadito in diversi scritti il potenziale e rivoluzionario contenuto di Foulkes si evidenzia nei nodi fondamentali a cui abbiamo fatto prima accenno, che appaiono in molti dei suoi scritti sebbene non sistematizzati ne contenuti nel libro che Foulkes promise e non riuscì a pubblicare.
Dopo Foulkes, il suo pensiero ha continuato a svilupparsi specialmente ad opera della Group Analytic Society (in Londra e tra i suoi seguaci di oltremare)da alcuni discepoli principalmente di “prima generazione” (Pines, De Maré, Brown, ecc.) altri che vengono chiamati “post-foulkesiani” (Dalal, Stacey, Nitsun per citare solo alcuni). Personalmente fin dal 1968 mi ritengo uno dei principali diffusori ed elaboratori in Italia del pensiero e prospettive foulkesiane (vedi ad esempio Ondarza Linares J., 1999).
  1. Ciò è avvenuto grazie alla normale evoluzione, diffusione ed interazione del pensiero Foulkesiano principalmente in Europa e America e il continuo feed-back tra teoria e clinica gruppoanalitica.
  2. Il vento “post-modernista” ha portato nuove prospettive attraverso le chiamate New Social Sciences, Neocolonialsimo, Globalizzazione; le Neuroscienze, scienze del comportamento, teoria della Comunicazione ecc… (vedi Ondarza Linares 2006)
  3. I grandi traumi sociali avvenuti dopo la 2ª guerra mondiale, e le sue prospettive transpersonali: il terrorismo, il fondamentalismo aggressivo, i recenti eventi bellici: Guerra del Golfo, Balcani e i fenomeni transmigratori conseguenti hanno accentuato la necessità di occuparsi dei conflitti tra “Frontiere e Barriere”…
- Menzioneremo solo “en passant” alcuni topici post foulkesiani più specificamente relazionati col tema identità e gruppoanalisi, premettendo che alcuni già sono contenuti essenzialmente nel pensiero foulkesiano originale:
1. Nel paradigma psicoanalitico e quello della psicoterapia in generale la crescente affermazione dell'interazione, della relazione, dell'intersoggetività sembrano avere spodestato l'Io positivistico, del suo centro tolemaico, con tutte le conseguenze epistemologiche teoriche, e anche con delle prospettive terapeutiche nel campo dell'igiene mentale.
2. L'equazione positivista: identità uguale coscienza dell'Io, si è trasformata in una concezione più fluida dei concetti di identità e identificazione con un maggiore interesse per il Sé e i suoi aspetti nucleari e periferici (talvolta con delle esagerazioni nel chiamato “Self post-moderno” (vedi Mecacci 1999, Finlay 2006) La conseguenza è una più coraggiosa uscita dall'Io monadico meccanicistico pulsionale della psicoanalisi classica.
3. Conseguentemente tra le due polarità dicotomicamente opposte individualità e gruppalità si è significativamente aperto uno spazio intermedio e transizionale dove trovano conferma alcuni nodi fondamentali della gruppoanalisi:
I. “Relatedness” o Pulsione relazionale
II. La teoria della rete nelle sue tre prospettive:
  • Filogenetica (le radici individuali che si impiantano nel philum gruppale)
  • Ontogenetica (le vicissitudini evolutive e gerarchicamente organizzate del Sé attraverso il gruppo)
  • Socio-bio-etica (le diverse configurazioni e vincoli tra Sé ed ambiente: sociale, culturale, economico, politico)
4. Il concetto di “self gruppale” (e la sua controparte inconscia già segnalati dai sociologi dell'ottocento) viene sempre più frequentemente usata come costrutto nella realtà clinica e sociodinamica del gruppo sebbene debba essere ulteriormente approfondita nella sua consistenza metapsicologica.
(Cosi come il concetto di Sé individuale ha permesso una grande apertura verso aspetti relazionati con i processi di identità e identificazione, consideriamo che aspetti relazionati con la strutturazione, organizzazione del Sé Sociale potranno essere utili nella prospettiva terapeutica e sociale: gli “Oggetti relazionali”, la loro funzione, ruolo nei meccanismi individuali, sociali, istituzionali-in una sorta di parallelismo con gli oggetti postulati da Kohut per il sé individuale).
5. Tra Sé individuale e Sé collettivo esiste una conflittualità bipolare che determina configurazioni gestaltiche diverse a diversi livelli. Conflittualità e configurazionalità sono caratteristiche essenziali della pulsione (relatedness), perciò la gruppoanalisi nella sua essenza è un analisi della configurazione relazionale in una prospettiva di identità senso e significato. La negazione di tale conflitto, chiamata da alcuni (Lopez, 2001) “tensione relazionale”, conduce ad polarizzazioni, scissioni, o posizioni unilaterali e dicotomiche anche nel pensiero gruppoanalitico. Ricordiamo en passant che una tale conflittualità obbedisce al fatto che tra Sé individuale e Sé sociale si strutturano e organizzano coppie antitetiche, che attraversano l'esistenza del individuo-gruppo dall'inizio alla fine della esistenza esempio: appartenenza generica- differenziazione individuale; autonomia individuale-potere sociale; fusionalità-individuazione (si veda a questo proposito Elias, 1937)
6. Spazio intermedio. Già più di 30 anni fa Anthony (1978) parafrasando Winnicot chiamò “intermediate play area” a questo spazio che il processo guppoanalitico promuove tra Sé individuale e Sé collettivo in ricerca di una nuova matrice di identità, senso e significato. Lo spazio può essere obliterato o ipersaturo di configurazioni che bloccano lo sviluppo di tale matrice: odio e distruttività, vincolati a traumi incapsulati o minacce non risolte alla identità e significato che vengono vissuti come annichilimento, o negazione del Sé individuale o Sé sociale.
Lo spazio può così costituirsi come ponte o come barriera



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