Pratica Psicoterapeutica

Il Mestiere dell'Analista
Rivista semestrale di clinica psicoanalitica e psicoterapia

NUMERO 13
2 - 2015 mese di Dicembre
CLINICA
LE SOCIETÀ: STAGNI DI NARCISO. COMMENTO ALL'ARTICOLO DI SILVIA LO VETERE “GIOVANI ADULTI E AMORE NELLA SOCIETÀ NARCISISTA"
di Sara Maccario

Narcisimo: un vocabolo che nel titolo della collega ha avviato in me alcune riflessioni che metto in condivisione usando la scrittura, aspetto narcisistico personale.

La collega definisce la nostra società narcisista, e questo mi dà lo spunto per delineare il mio pensiero rispetto alle società in generale, calate nei secoli. Penso alle società come un insieme di persone, o per dirla usando un gergo a noi più familiare, di strutture di personalità caratterizzate da infiniti elementi narcisistici legati a sotterranee ferite narcisistiche di differenti intensità; aggregazioni di persone formatesi sulla base di profondi bisogni insoddisfatti o confusamente soddisfatti, oppure primari bisogni soddisfatti alla ricerca di legami che possano proseguire le suddette personali gratificazioni. Fatico a pensare a società più narcisiste di altre, o società esenti da aspetti narcisisti, ogni tempo credo sia caratterizzato da aggregazioni dove il primario collante è da attribuire all’insieme degli aspetti narcisistici degli aggregati sperimentati attraverso modalità e strumenti differenti. Provo a tracciare quanto intendo.

Essere stati amati e coerentemente contenuti affettivamente andrà a determinare la possibilità di sdoganare tali esperienze nelle relazioni che si andranno a creare all’esterno, legami dove la condivisione sarà caratterizzata da momenti faticosi, conflittuali, ma al contempo sarà capace di contenere, tollerare e sperimentare i reciproci soddisfacimenti narcisistici.

Laddove, invece, si saranno create modalità relazionali primarie affettivamente incoerenti e confusive compariranno ferite narcisistiche caratterizzate da risacche di rabbie e paure che saranno proiettate all’esterno determinando importanti difficoltà a stare con l’altro in legami equilibrati e condivisi.

Bisogni e ferite primarie fuoriuscite da quel primordiale marasma relazionale uguale per tutti, un marasma affettivo costituito da paure, rabbie, vissuti di impotenza, ecc. ripetibili nelle epoche; a modificarsi saranno le modalità e gli intrecci che tali emozioni useranno nelle relazioni esterne. Cleopatra, i Borgia, i Savoia amavano come amiamo noi; i loro atteggiamenti, comportamenti e pensieri non erano forse intrisi di elementi narcisistici riproposti in battaglia e negli intrighi politici e amorosi?

Ogni comportamento e atteggiamento dell’essere umano è come un esterno telone su cui il mondo interno proietta personali caratteristiche relazionali interne, bisogni insoddisfatti, blocchi evolutivi, soddisfacimenti avvenuti, soddisfacimenti ricercati, sono alcune emozioni che il terapeuta dovrebbe sì osservare, smatassare, riacciuffare e significare nella realtà esterna, ma facendo poi ritorno nella terra interna dove ad attenderlo ci sarà l’incipit di quanto osservato. È la terra di Narciso, una terra dove l’affettività relazionale prende vita, dove viene per la prima volta ferita, distorta, stropicciata, soddisfatta: questo è, per me, il primario luogo osservativo di ogni terapeuta in qualsiasi epoca.

Steve Jobs e Dante Alighieri sono cresciuti in epoche differenti, ma entrambi avranno proiettato i loro bisogni e ferite narcisistiche nella realtà esterna, inconsapevolmente adoperandola come luogo dove riproporre le personali modalità relazionali interne; carenze affettive, incoerenze relazionali, timing inadeguati, bisogno di riconoscimento sono alcuni tra i bisogni che potremmo pensare abbiano portato entrambi a ricercare i rispettivi soddisfacimenti usando aspetti cognitivi ed emotivi, numeri e parole come pomate lenitive relazionali che lenissero un narcisismo in qualche modo ferito.

I ruoli dell’uomo e della donna si modificheranno nelle forme rappresentative, ma gli eccessi o difetti comportamentali dell’uno e dell’altra non saranno altro che specchi di profonde ferite primarie che, intralciando il costituirsi di un’identità di genere, determineranno la possibilità di costituire ruoli coerenti sia maschili che femminili in ogni epoca.

Userò vignette di esempi “eccessivi” nel tentativo di spiegare il mio pensiero.

L’uomo di ieri palesava il proprio maschile attraverso una sessualità che, normalmente, doveva anche essere esibita all’interno di “case d’appuntamento”, un maschile che rappresentava il quasi esclusivo sostentamento economico della famiglia, proseguendo poi attraverso un ruolo del maschile che nelle “questioni” educative familiari-filiali lo rappresentava come colui che comunicava prevalentemente attraverso severi sguardi e allusivi silenzi d’immediata intesa. Atteggiamenti e comportamenti che, se osservati clinicamente, non depongono sicuramente a favore di strutture di personalità aventi un’identità di genere coesa, solida e capace di relazionarsi e identificarsi profondamente all’interno di un ruolo maschile ben delineato.

Al contrario, questo descriverà strutture psichiche rigidamente imitative caratterizzate da parti fusionali poco separate a causa di importanti ferite narcisiste, strutture che, con tutta probabilità, si difenderanno da un sentire congelato o fortemente distorto creando relazioni severe e rigide o al contrario lasciandosi invadere da una mancanza di reattività, divenendo figure assenti, imitative o fortemente distanti dalla quotidianità familiare.

La stessa cosa, con aspetti differenti, potrà essere valida per il ruolo femminile dove la femminilità non sarà dettata da quanto quel ruolo andrà a ricoprire i cosiddetti compiti legati a presunte regole di genere, ma sarà, come per l’uomo, la qualità emotiva con la quale saranno attuati i comportamenti e gli atteggiamenti della sua intera esistenza che caratterizzeranno la buona sinergia tra parti femminili e maschili.

Laddove, infatti, saranno state presenti maggiori possibilità di separatezza psichica, e dunque minor presenza di aspetti simbiotici, ci potrà essere un maggiore interscambio di ruoli senza eccessivi timori nei confronti di risucchiamenti simbiotici, internamente si sarà creata la possibilità di una propria individuazione che renderà tollerabile sostenere la consequenziale differenziazione tra il Me e il non Me.

In determinate situazioni psichiche risulterà faticoso sentire la conflittualità, in altre sarà impossibile, ma laddove esisterà un disagio portato dal paziente avremo sempre la certezza di essere alla presenza di conflittualità più o meno raggiungibili; conflittualità accompagnate da innumerevoli modalità difensive proporzionate alle sottostanti ferite narcisistiche. Sarà osservando tali difese che potremo risalire, e avvicinarci, alle ferite primarie, provando a funzionare come ponti di collegamento, smistamento, separazione e infine riunificazione di porzioni psichiche rimaste accantonate e congelate: un lavoro di restauro affettivo dove si dovrà considerare sia le coperture soprastanti, sia le modalità usate per tali coperture.

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